Capitolo X.

Ma la guerra alla Francia Ferdinando IV non la porta solo con le persecuzioni interne. Già dal  1794 il Re di Napoli partecipa alla coalizione antifrancese chiamando 16000 reclute per l’ Esercito ed inviando quatto reggimenti di cavalleria, il Re, il Regina, il Principe e il Napoli, al comando di Alessandro Filangeri, principe di Cutò. Partecipa anche al blocco dei porti francesi con il vascello Tancredi, una nave da 74 cannoni comandata da Francesco Caracciolo, e due fregate la Pallade e la Minerva da 40 cannoni.

Ovviamente per fronteggiare le spese il ministro Acton cerca denaro dovunque e Ferdinando impone i "doni patriottici" ed un aumento della pressione fiscale. In più viene compiuta una vera azione di pirateria nei confronti dei risparmiatori: 50 milioni di ducati depositati presso sette Banchi pubblici vengono rastrellati dal governo e  sostituiti da fedi di credito cartacee.

Battaglia navale del 14 marzo del 1795 sulla riviera di Genova tra la flotta inglese e quella francese. Il vascello napoletano "Tancredi " condotto da Francesco Caracciolo cattura due vascelli francesi, il " Çai-ra " e il " Censeur".

Nella primavera del 1795 gli austriaci ed i piemontesi attaccano i francesi e riconquistano alcuni  territori della Liguria e del Piemonte persi nell'anno precedente, ma alcuni mesi dopo a novembre vengono sconfitti a Loano e i francesi rioccupano gran parte delle posizioni perdute.

Battaglia di Loano

 

In Francia, caduto Robespierre nel 1794, assistiamo ad un vero passo indietro nel cammino del popolo francese verso la democrazia. La nuova costituzione del 1795 abolisce il suffragio universale e riconosce il diritto di voto solo ai possidenti. Il potere esecutivo viene affidato a un Direttorio  e quello legislativo ad una assemblea composto dal consiglio dei cinquecento e un consiglio degli anziani di 250 membri.

 

 

Il 2 marzo 1976 il Direttorio nomina Napoleone Bonaparte generale in capo dell'Armata d'Italia al posto del dimissionario Sherer. In pochi giorni l'esercito francese, condotto dal generale corso, riporta numerose vittorie.

 

1° Campagna d’Italia

 

"Soldati, ora siete nudi, affamati [...]. Voglio condurvi nelle più fertili pianure del mondo. Ricche province grandi città saranno in vostro potere, lì troverete onore, gloria e ricchezza..." .

 

 

 

Le parole del generale Bonaparte svelano tutte le nuove ambizioni del Direttorio e dei generali francesi, che mirano solo ad affermare il loro potere personale ed ad arricchirsi; solo i soldati e qualche ufficiale, come vedremo,  rimangono ancora legati ai primi ideali repubblicani.L'esercito francese avanza repentinamente: il 12 aprile gli austriaci vengono sconfitti a Montenotte dai generali francesi Massèna e Laharpe, il 13  i piemontesi a Millesimo, il 14 tocca di nuovo agli austriaci che sono costretti a lasciare il territorio. I piemontesi vengono sconfitti definitivamente il 21 a Mondovì e sono costretti a chiedere un armistizio che verrà sottoscritto a Cherasco il 29 aprile.

 

I successi francesi rianimano i patrioti italiani e il Buonarroti rivolge un appello alla repubblica Francese per aiutare gli italiani a liberarsi del gioco delle monarchie e a favorire  la costituzione di una repubblica italiana. (Cfr. F. Buonarroti: “La paix perpètuelle avec le rois”). Il suo appello verrà accolto; lo arrestarono, infatti, dopo pochi giorni per la partecipazione alla congiura degli uguali. 

 

 

Passaggio del Po

 

 

Il 3 Maggio Napoleone con il passaggio del Po invade la Lombardia il 10 sconfigge le truppe austriache a Lodi ed il 15 entra in Milano.

 

Battaglia di Lodi

Milano riserva un’accoglienza trionfale all’esercito francese ed al suo generale che promette: “Che i popoli restino tranquilli, noi siamo loro amici. Restaurare il Campidoglio, risvegliare il popolo di Roma dopo secoli di schiavitù, sarà questo il frutto delle nostre vittorie”.

Un popolo intero si accorse, il 15 maggio 1796, che tutto quello che aveva rispettato fino ad allora era sovranamente ridicolo e talvolta odioso”: Stendhal

 

E Milano diviene da quel momento il centro di raccolta del giacobinismo italiano. Tra loro molti degli esuli napoletani, come  Abbamonti, Galdi, Lauberg, Massa e Salfi. Rifugiati  in Francia ed nella vicina Oneglia, si riuniscono ora a Milano, partecipano al nuovo progetto di un Italia unita ed indipendente, dalle colonne dei nuovi giornali che fondano e dirigono: “Il giornale dei patrioti d’Italia”,”Il termometro politico della Lombardia”, “Il  redattore” ed altri.

Il brano che segue è tratto dal numero 6 del Giornale de’ i Patrioti d’Italia del 31 gennaio 1797 ed è opera di Saverio Salfi. E’ un intervento sulla censura: poche  parole che meritano di essere ricordate per il loro valore.

Mi si dirà che la censura non deve cadere che sugli scritti che    possono corrompere lo spirito pubblico, e che gli scrittori patrioti    saranno anzi incoraggiati. Oltreché questo è contrario alla giustizia, alla libertà, all'eguaglianza, i princìpi che devono essere inviolabili in un governo ben organizzato, questo non porterebbe che de' gravissimi mali, e neppure un sol bene. Si comincerà a dare il funesto  esempio della violazione d'un principio, e questo farà che nel seguito si violeranno tutti, non mancando mai pretesti plausibili per chi ha il potere, di colorare le proprie ingiuste determinazioni; in secondo luogo chi può rispondere oggi che il revisore sia sempre lo stesso, e che ben intenzionato al presente a favorire la buona causa non sia cambiato in avvenire, e favorisca invece l'aristocrazia? In terzo luogo qual vantaggio si ricaverà da un forzato silenzio di coloro che        hanno il fatal potere di predicare pubblicamente, ed il più fatale ancora di parlare in confessionale a tutte le persone? Impedire che i nostri nemici si servano di armi palesi, è invitargli a far uso delle nascoste, è togliersi il mezzo di confutare le loro massime.

 Solo pochi sono disposti a concedere la libertà anche ai nemici della libertà stessa.(Trafaglia, Castronuovo: La stampa Italiana dal‘500 all’800) 

 

 

 

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